Solidarietà ad Altroquando

Guarda il video dell’irruzione della polizia nella fumetteria Altroquando di Palermo:

watch?v=ibWY686m0Wc

Leggi il comunicato di solidarietà del Coordinamento Anarchico Palermitano:

http://coordanarchicopa.blogspot.com/2010/10/solidarieta-ad-altroquando.html

FERMIAMO LA TRUFFA DEL PONTE! Messina, 2 ottobre 2010

Il Ponte sullo Stretto è una truffa ai danni delle popolazioni delle due sponde e, in generale, di tutti gli italiani. Una truffa ordita dai signori del cemento e del tondino per saccheggiare le casse pubbliche travasando nei loro conti ingenti somme, da spartirsi con i loro amici e soci massoni e mafiosi, e con i loro fedeli servitori del potere politico-istituzionale.
È una truffa perché, pur non esistendo ancora un vero progetto, da decenni succhiano soldi pubblici per alimentare un’economia parassitaria; è una truffa perché, anche senza costruire il Ponte, il meccanismo messo in moto basterà a realizzare lo scopo predatorio dei ladroni privati e di stato.

IL PONTE È UNA PROVOCAZIONE!

Sempre più lavoratori perdono il posto; aumentano vertiginosamente i precari tagliati fuori da una possibilità di vita decente; si gonfia il numero dei disoccupati e dei nuovi emigranti che partono dal Sud senza neanche le speranze dei loro padri e nonni degli anni ’50 e ’60.
Milioni di italiani sono indebitati fino al collo; l’impoverimento è davanti agli occhi di tutti ma si decide di andare avanti con la costruzione del Ponte, enorme sperpero di denaro estorto a tutti i cittadini.

I signori del Ponte si accingono a devastare il territorio, a cantierizzare intere aree urbane, a imprigionare le popolazioni delle due sponde, stornando svariati miliardi di euro da quelle che sono le vere urgenze: il lavoro (dignitoso, pulito, utile), la salvaguardia e il rilancio dei servizi (trasporti, scuola, sanità…), la messa in sicurezza idrogeologica e antisismica del territorio e dei centri abitati.

Chi oggi compie queste scelte è responsabile morale e politico del degrado e delle sue vittime.

QUESTA GENTE VA FERMATA!

Lo si può fare con l’azione diretta, bloccando i cantieri, le trivellazioni, gli uffici operativi e tutto ciò che può essere riconducibile all’attività criminale dei signori del Ponte.
Mettiamo in primo piano i bisogni concreti delle persone. Solidarizziamo con chi lotta in altri luoghi contro progetti simili (Val Susa, Vicenza, Venezia, ecc.). Organizziamoci alla base, in maniera autogestita, al di fuori di partiti e partitini, senza capi e senza burocratismi, per esercitare il controllo popolare ed esprimere la massima conflittualità sociale.

FUORI I SACCHEGGIATORI!

Federazione Anarchica Siciliana
Anarchici reggini
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sicilia
Coordinamento Anarchico Palermitano


NÉ STATO NÉ CHIESA – (clicca sull’immagine per ingrandire)

UN OSPITE INGOMBRANTE

La venuta a Palermo di Joseph Ratzinger – il papa della Chiesa cattolica, monarca assoluto della Città del Vaticano – è una di quelle cose di cui si farebbe volentieri a meno (…)

Leggi tutto il volantino su:

http://coordanarchicopa.blogspot.com/2010/09/un-ospite-ingombrante.html

VIVA GAETANO BRESCI

 
COLPO AL CUORE
morte non accidentale di un monarca

un film di TELEIMMAGINI?

GIOVEDI 29 LUGLIO ORE 21
CIRCOLO LIBERTARIO, VIA LUNGARINI 23

(DALLE 19, APERITIVO ROSSO E NERO)

 
http://coordanarchicopa.blogspot.com

DI STATO SI MUORE – Palermo, 8 luglio 1960-2010

Nel cinquantesimo anniversario dei tragici fatti dell’8 luglio 1960, il Coordinamento Anarchico Palermitano promuove e organizza per giovedi 8 luglio un presidio informativo a piazza Verdi a partire dalle ore 17.
Gli anarchici parteciperanno poi al corteo celebrativo indetto dal Circolo “Francesco Vella” del Partito della Rifondazione Comunista, con le bandiere listate a lutto.
Di seguito, articolo a firma di Piero Riggio de L’Agitazione del Sud, giornale anarchico stampato a Palermo, numero di agosto-settembre 1960.

Nucleo “Giustizia e Libertà” della Federazione Anarchica Siciliana

Leggi il volantino su: http://coordanarchicopa.blogspot.com/2010/07/di-stato-si-muore.html

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ABBRUNIAMO LE NOSTRE BANDIERE per le vittime uccise dal piombo della polizia
Sono passati alcuni giorni da che a Palermo si è concluso un ciclo delle proteste popolari, finito piuttosto tragicamente per la sconsideratezza e la brutalità della polizia, e ancora l’eco non è spenta. Noi dell’Agitazione del Sud abbiamo cercato di avere vicini, quanto più possibile, gli elementi per giudicare con obiettività e d’altra parte se un partito noi abbiamo è quello e soltanto quello di un popolo che lotta, che soffre, e che insorge contro le ingiustizie.
Dopo questi giorni, quindi, possiamo scrivere con più serenità perché in fondo noi che scriviamo non siamo giornalisti di professione e non cerchiamo di fare il pezzo di colore, ma se ci siamo immischiati in mezzo agli scioperanti e qualche nostro compagno è stato manganellato, gli è perché siamo anarchici e ciò vuol dire uomini che sono sempre stati all’avanguardia delle lotte operaie e contadine per il riscatto economico morale e sociale di queste masse lavoratrici, uomini che combattono lo stato come istituzione perché in esso vedono un ostacolo alla emancipazione e allo sviluppo della persona umana, uomini che lottano per la realizzazione di una società che abbia come fondamento il socialismo libertario.
Potremmo affermare, senza tema di essere smentiti, che i fatti di Genova, Reggio Emilia, Licata, Palermo e Catania, hanno convalidato il nostro metodo, quello dell’azione diretta. Lo abbiamo constatato a Palermo quando gli scioperanti, all’invito dei sindacalisti e degli uomini di partito di rinunziare alla lotta e di attendere il risultato della tregua chiesta da Merzagora, risposero con l’aperta e vibrata protesta contro gli stessi dirigenti sindacali e di partito che hanno sempre fatto la funzione dei «pompieri» pur di salvare capre e cavoli, il proprio «posto» e la servitù del governo. Ma la polizia non ha risparmiato i colpi e ce ne sono stati anche per i «capi» di cui qualcuno ha provato anche le manette. La polizia non ha esitato di usare la violenza. Violenza contro ragazzi, studenti, operai inermi.
Dalle testimonianze di alcuni fra i feriti di arma da fuoco si rileva che molti non erano dimostranti, ma pacifici cittadini che in quell’ora attraversavano le vie per sbrigare le loro faccende private; alcuni sono stati addirittura colpiti in zone lontanissime dall’epicentro della lotta. Dalle testimonianze di alcuni fra i fermati si rileva che la polizia ha infierito contro di loro con calci, pugni e sputi durante il periodo del fermo. Tutte cose che non ci fanno onore e che farebbero arrossire i poliziotti inglesi, belgi, o che so io, che comunque non sono i poliziotti italiani educati alla scuola della violenza fascista.
Certo questi moti in Sicilia ci dicono qualcosa e ci fanno sperare per l’avvenire.
Il fatto che nella maggioranza vi abbiano preso parte dei giovani e dei giovanissimi sta a dimostrare che una parte della nostra gioventù è sana e non è teppaglia, come si compiacciono di definirla certi superficiali o coloro che amerebbero costituire con questi giovani le «squadracce» di infausta memoria. Questi sono giovani che soffrono perché gli manca il pane, il lavoro, l’istruzione, l’amore e lo svago, perché incerto è il loro avvenire, perché troppo misero è lo spettacolo che gli offre la classe dirigente piena di scandali, di corruzione, di intrugli e di intrallazzi di ogni genere.
Ed allora perché essere sorpresi di qualche vetro rotto, di qualche albero divelto, di qualche panchina spiantata o dei semafori rotti e non preoccuparsi dei morti uccisi dalla polizia, per i sistemi borbonici usati nel trattamento dei fermati, per la mancata presenza del sindaco di Palermo ai funerali delle vittime? Tutte cose che sono i sintomi di una grave malattia di cui soffre la società italiana: l’odio, l’odio, l’odio che viene seminato dai detentori del potere economico e politico. E’ un odio per il popolo, questo eterno fanciullo, che innalza e distrugge, questo popolo che a Palermo preso dalla furia della distruzione ritrova il rispetto per gli archi di lampade allestiti in occasione del «festino» alla santa Rosalia, patrona della città!
Queste esplosioni di rivolta ci temprano lo spirito per continuare le nostre battaglie e ci riconfermano nelle nostre convinzioni, specie quando si può rilevare che la rivolta non è soltanto espressione di una sofferenza materiale ma è anche e soprattutto rivolta ideale.
Se a Palermo, Licata e Catania il movente della esplosione popolare è stato piuttosto di carattere economico, a Genova la rivolta è stata fondamentalmente ideale, perché rivolta contro l’assurdo fascista oppressore delle libertà. Ma se andiamo a fondo notiamo che a Palermo come altrove i rivoltosi non furono soltanto affamati e disoccupati, ma studenti, piccoli commercianti e anche professionisti ed operai qualificati.
Allora in questo caso la rivolta è santa, perché è rivolta contro l’oppressione spirituale, nella più larga accezione del termine, e non può essere monopolio di alcun partito, perché è rivolta per la libertà. Non è senza significato che affermiamo ciò, in quanto è falso quanto dicono i comunisti, quanto quello che dicono gli anticomunisti di certa razza. I primi pretendono avere il monopolio di ogni movimento che sorga spontaneamente dal popolo, i secondi attribuiscono la paternità di ogni azione che viene dal basso e che abbia sapore di rivendicazione ai comunisti, per sottovalutarne la portata. Noi diciamo che in entrambi i casi si tratta di bassa speculazione politica.
I comunisti da quando sono diventati parlamentaristi hanno sempre cercato di frenare l’impulso all’azione diretta del popolo e gli anticomunisti sono tali non per un giusto e sano sentimento libertario, ma per vile concorrenza politica. In queste drammatiche giornate, pare che il popolo rivoltoso abbia capito ciò e si è mosso al di fuori dei partiti e senza aspettare ordini dall’alto, per difendere il diritto alla vita. Non si illuda nessuno.
Piero Riggio

(http://carmelolucchesi.wordpress.com/luglio-60/immagini-luglio-60/palermo-8-luglio-1960/)

1968 – 2008

LA LIBERTÀ DELLE DONNE NON SI TOCCA! NON VOTARE, LOTTA!

L’attacco concentrico da parte del mondo politico ed ecclesiastico al diritto d’aborto e alla legge 194 si è fatto negli ultimi tempi sempre più feroce e insistente.
Le frange più reazionarie dell’attivismo cattolico sono arrivate a sabotare dal suo interno perfino il sistema sanitario, con l’invasione dei consultori pubblici da parte di soggetti organizzati (come il Movimento per la vita) che a poco a poco hanno reso quasi impraticabile una libera fruizione delle strutture che sono a disposizione di tutte le donne, delle coppie e delle famiglie al punto che è sempre più difficile trovare medici disposti a operare l’interruzione di gravidanza, perché se non ci si allinea alla lobby cattolica diventa impossibile fare carriera.
In tutti questi anni la vergognosa propaganda delle gerarchie ecclesiastiche ha monopolizzato il dibattito politico con la menzogna secondo cui la vita comincia dal concepimento e, dunque, l’aborto è un omicidio in piena regola: per i preti e per i loro baciapile ogni donna che voglia decidere in piena autonomia se essere o non essere madre va considerata un’assassina. Questa infame criminalizzazione delle donne è un attacco alla loro dignità, alla loro libertà, alla loro autodeterminazione, al loro diritto a essere felici e a decidere sul proprio corpo. Il potere religioso – che si basa su una concezione patriarcale e maschilista dei rapporti sociali – cerca di interferire negli stili di vita e nell’intimità delle donne attaccandone direttamente il corpo e il potenziale di libertà che esso esprime. Perché i preti non possono tollerare che una donna viva la sua vita senza l’obbligo di essere madre o moglie, senza le frustrazioni che la Chiesa vorrebbe imporre alla società con la sua morale bigotta che condanna non solo il diritto all’aborto ma anche la stessa contraccezione. Sul fronte opposto, il rischio maggiore proviene dallo strapotere che la medicina e la scienza di fatto esercitano sugli individui senza che da parte della società vi sia un effettivo controllo: la deriva scientista è altrettanto pericolosa non solo per le donne – sulle quali si sperimenta di tutto – ma per tutti noi, dal momento che è necessario vigilare e contrastare le tentazioni eugenetiche e totalitarie con cui è possibile creare in laboratorio esseri perfetti.
Il potere politico torna all’assalto della libertà delle donne perché, di fatto, è la libertà di tutti che viene messa in discussione ogni giorno: disoccupazione, precarietà, criminalizzazione del dissenso, ossessione della sicurezza, controllo sociale, razzismo, discriminazione sessuale e di genere, revisionismo sono solo alcuni degli aspetti con cui lo Stato esercita il suo dominio.
Con la campagna elettorale appena avviata, il ceto politico sfrutta la questione di genere banalizzando il dibattito in maniera indecente: "parità", "quote rosa", "rappresentanza" sono solo le vuote espressioni dell’ipocrisia di chi non ha nulla da dire e si candida, per l’ennesima volta, alla guida del paese per condizionare le nostre vite e garantirsi i suoi privilegi.
I tempi sono così difficili che, per noi, la lotta in difesa della legge 194 è certamente importante ma costituisce una battaglia di resistenza. Infatti, l’arretramento e il degrado che caratterizzano la nostra società in termini di coscienza e di autonomia sono talmente gravi che sembra inevitabile dover difendere diritti che sembravano ormai acquisiti.
La vera scommessa, per tutte le donne e per tutti gli uomini, è quella di non fermarsi a questo ma di rilanciare la sfida contro lo stato, la Chiesa e il capitale, contro il patriarcato e il maschilismo, contro il fascismo vecchio e nuovo riappropriandoci delle nostre vite e della nostra libertà, lottando senza sosta contro tutti i poteri che mirano a dirigere le scelte pubbliche e private.
È per questo che, come sempre, facciamo appello all’astensionismo rivoluzionario contro ogni delega, contro ogni gerarchia, per la libertà e l’uguaglianza di tutte e tutti!

Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana

LA CRIMINALITÀ DEL POTERE

Ricordare le stragi di stato, la strategia della tensione, l’assassinio di Giuseppe Pinelli non significa abbandonarsi a un vuoto rituale della commemorazione.
Perché a trentotto anni di distanza, le strategie di chi detiene il potere per intimidire e impedire ogni tentativo di cambiamento a favore delle classi più deboli non sono mutate poi molto.
Il 12 dicembre 1969 l’attentato dinamitardo alla Banca dell’agricoltura di Piazza Fontana a Milano sancì l’inizio della strategia della tensione accompagnata da una stagione di lutti e sofferenze in cui lo Stato operò scientificamente per stroncare la vitalità di un’opposizione sociale che, attraverso una sempre maggiore coscienza di classe, portava alle crescenti mobilitazioni di lavoratori e studenti radicalizzando il conflitto in direzione di un profondo miglioramento delle condizioni di vita di tutte e tutti.
Gli apparati repressivi, seguendo un copione consolidato, cercarono da subito di scaricare le proprie responsabilità sugli anarchici, e il primo a pagarne le conseguenze fu il compagno Giuseppe Pinelli, scaraventato da una finestra della questura di Milano, durante un lungo ed estenuante interrogatorio svoltosi nell’ufficio del commissario Luigi Calabresi.
Grazie alla ferma volontà degli anarchici affinché si facesse piena luce sull’innocenza di Pinelli e Valpreda, tutto il movimento in Italia riuscì a smascherare la matrice istituzionale della strage di piazza Fontana e, ancora oggi, la storia ha reso giustizia alle vittime innocenti della strategia della tensione identificando nello stato e nella manovalanza fascista gli autori e gli esecutori di quelle tremende pagine della storia recente del paese.
Oggi, in un’epoca di crisi e incertezze profonde, il potere gioca la carta della paura, della guerra preventiva su scala nazionale a tutto ciò che può mettere in discussione i privilegi del ceto politico e lo strapotere del capitalismo.
L’involuzione autoritaria della democrazia italiana rispecchia bene la scelta delle democrazie mondiali di mettere in pratica una strategia della tensione permanente, che qui si esprime nella guerra al diverso e all’immigrato, nel tentativo di annullare e criminalizzare qualunque opposizione nella società e nei luoghi di lavoro, nel terrorismo psicologico per farci sentire tutti nel mirino di un’insicurezza che è confezionata a tavolino nelle stanze di chi gestisce il potere e manipola l’informazione.
I pacchetti sulla sicurezza servono a nascondere le ferite incancrenite di un’Italia in cui i lavoratori muoiono quotidianamente per guadagnarsi da vivere, dove l’unica prospettiva per i giovani è la precarietà o la disoccupazione e non è consentito alzare la testa per manifestare la propria opposizione e la propria voglia di cambiamento.
Sappiamo che in questi giorni a Palermo c’è chi, pur non essendo né anarchico né libertario, ricorda e rende omaggio a Pinelli, e di questo noi siamo grati.
E oggi, noi scendiamo in piazza perché ricordare Giuseppe Pinelli non è una commemorazione, ma un atto d’accusa contro la criminalità del potere.

Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione "Delo Truda" Palermo

COME TU MI VUOI?

 

C’è una guerra quotidiana che si consuma, da sempre, in tutto il mondo.
È la guerra scatenata contro le donne di ogni età e di ogni latitudine, una guerra fatta di soprusi, di violenze fisiche e psicologiche, di ingiustizia ed esclusione.
In questi giorni isterici in cui il sistema politico e i poteri forti cercano di terrorizzare la società puntando il dito sugli immigrati accusandoli di essere la causa di tutti i problemi del paese, noi anarchici vogliamo invitare a un’ulteriore riflessione, prendendo spunto da alcuni dati.
Da una ricerca Eures emerge che un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche: il 70% delle vittime sono donne e in otto casi su dieci l’autore è un uomo.
L’Istat, in una recente indagine, rileva che quasi 7 milioni di donne tra i 16 e i 60 anni sono state oggetto di violenza fisica o sessuale nella loro vita, mentre altri 7 milioni hanno subito una violenza psicologica: nella maggior parte dei casi l’autore è il partner o l’ex, come nel 69,7% degli stupri.
Il 95% delle violenze non viene denunciato. Negli ultimi sei mesi sono state uccise 57 donne.
Il posto più pericoloso per una donna è la propria casa, e i soggetti più pericolosi per la sua incolumità sono quelli con cui vive giorno per giorno: padri, mariti, amanti, fratelli.
Ciò significa che non è cambiato molto nelle relazioni tra i sessi, e che la donna continua a essere considerata uno strumento per la soddisfazione delle esigenze di dominio da parte dei maschi. Questa logica maschilista, figlia di un patriarcato che è ancora duro a morire, è all’origine della grave subalternità in cui le donne sono costrette a vivere in tutti i settori della
vita pubblica e privata. Nella società dominata dagli uomini, il corpo delle donne viene costantemente mercificato e sfruttato e l’unico modello di donna che si vuole imporre attraverso i mezzi di comunicazione è quello della svampita tutta curve e niente cervello. In questo occidente "democratico" e "progressista" il dominio maschilista sul corpo delle donne si misura anche nella pretesa da parte delle gerarchie ecclesiastiche di controllare l’autodeterminazione di ogni donna attaccando il diritto alla maternità e a una sessualità matura e consapevole. Così come la tradizione e il fondamentalismo mussulmano costringono le donne alla mortificazione della loro identità e del loro corpo, allo stesso modo la tradizione e la Chiesa cattolica vorrebbero che le donne fossero delle macchine da procreazione senza libertà e senza diritti. Nei luoghi di lavoro, la disparità tra donne e uomini è del tutto evidente, sia nelle differenze di retribuzione, sia nella disuguaglianza per l’accesso alle risorse. In questo senso, la differenza di genere si affianca a una differenza di classe che ci dà la misura di quanto grave sia la condizione delle donne nella vita economica e sociale.

Una società in cui la donna viene trattata e usata come un oggetto è una società profondamente ingiusta e schiava dei suoi pregiudizi.
La strada per l’emancipazione delle donne è ancora lunga, ma proprio le donne hanno dimostrato di poter conquistare diritti e libertà attraverso la lotta e l’azione diretta contro il dominio patriarcale.
La battaglia contro la violenza sulle donne e, più in generale, per un miglioramento della condizione femminile non può essere lasciata allo sforzo delle sole donne.
È necessario che tutti, al di là di ogni differenza di genere, si impegnino in un fronte comune per distruggere l’autoritarismo, l’intrinseca violenza della cultura patriarcale e le differenze di classe.
Perché nessuna società potrà dirsi davvero liberata fino a quando ogni donna e ogni uomo non saranno pienamente in grado di vivere il proprio destino senza paura e senza ricatti.

Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione "Delo Truda" Palermo