IL GRUPPO “GIUSTIZIA E LIBERTÀ” SI SCIOGLIE

Per motivi esclusivamente logistici e organizzativi, il Gruppo “Giustizia e Libertà” della Federazione Anarchica Siciliana (FAS) si scioglie ufficialmente.

I suoi militanti continuano ad aderire a titolo individuale alla FAS e proseguono, sempre in stretta e solidale collaborazione, nelle loro attività.

Palermo, 9/11/2012

 

Due giorni di incontri, cultura e musica a cura di Bar Libreria Garibaldi, Spazio di Cultura Libert’Aria e Federazione Anarchica Siciliana.

Clicca sulla locandina.

DI QUA DAL FARO

Manifestazioni di conflitto sociale in Sicilia.

Leggi il comunicato della FAS:

http://fasiciliana.noblogs.org/?p=217

TEMPI DI GUERRA. Dall’11 settembre 2001 ai giorni nostri.

SABATO 10 SETTEMBRE ore 16,00
SALONE VALDESE, VIA DELLO SPEZIO 43 – PALERMO

CONVEGNO E DIBATTITO

Salvo Vaccaro (Federazione Anarchica Italiana)
Mediterraneo tra rivolta e declino

Antonio Mazzeo (terrelibere.it)
Militarizzazione del territorio in Sicilia

Francesco Lo Cascio (Movimento Internazionale Riconciliazione)
Liberazione dai totalitarismi: antimilitarismo e azione nonviolenta

Pippo Gurrieri (Federazione Anarchica Siciliana)
Dall’indignazione alla rivoluzione: la prospettiva anarchica

Promuove la FEDERAZIONE ANARCHICA SICILIANA

LA LEGGE BRUCIA LA VITA

Noureddine Adnane aveva 27 anni ed era nato in Marocco. Viveva in Italia dal 2002 e si guadagnava da vivere facendo l’ambulante. Lo conoscevano tutti nel quartiere, e tutti gli volevano bene.
A Palermo i venditori ambulanti, specialmente immigrati, devono fare i conti con la polizia municipale: retate nei mercatini, ispezioni, multe, sequestri della merce, intimidazioni. Noureddine non era un abusivo, ma aveva ricevuto la visita dei vigili urbani per cinque volte in una settimana: davvero troppo per chi deve sbarcare il lunario tra mille difficoltà (…)

Leggi tutto il volantino qui:

http://coordanarchicopa.blogspot.com/2011/02/la-legge-brucia-la-vita.html

Solidarietà ad Altroquando

Guarda il video dell’irruzione della polizia nella fumetteria Altroquando di Palermo:

watch?v=ibWY686m0Wc

Leggi il comunicato di solidarietà del Coordinamento Anarchico Palermitano:

http://coordanarchicopa.blogspot.com/2010/10/solidarieta-ad-altroquando.html

DI STATO SI MUORE – Palermo, 8 luglio 1960-2010

Nel cinquantesimo anniversario dei tragici fatti dell’8 luglio 1960, il Coordinamento Anarchico Palermitano promuove e organizza per giovedi 8 luglio un presidio informativo a piazza Verdi a partire dalle ore 17.
Gli anarchici parteciperanno poi al corteo celebrativo indetto dal Circolo “Francesco Vella” del Partito della Rifondazione Comunista, con le bandiere listate a lutto.
Di seguito, articolo a firma di Piero Riggio de L’Agitazione del Sud, giornale anarchico stampato a Palermo, numero di agosto-settembre 1960.

Nucleo “Giustizia e Libertà” della Federazione Anarchica Siciliana

Leggi il volantino su: http://coordanarchicopa.blogspot.com/2010/07/di-stato-si-muore.html

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ABBRUNIAMO LE NOSTRE BANDIERE per le vittime uccise dal piombo della polizia
Sono passati alcuni giorni da che a Palermo si è concluso un ciclo delle proteste popolari, finito piuttosto tragicamente per la sconsideratezza e la brutalità della polizia, e ancora l’eco non è spenta. Noi dell’Agitazione del Sud abbiamo cercato di avere vicini, quanto più possibile, gli elementi per giudicare con obiettività e d’altra parte se un partito noi abbiamo è quello e soltanto quello di un popolo che lotta, che soffre, e che insorge contro le ingiustizie.
Dopo questi giorni, quindi, possiamo scrivere con più serenità perché in fondo noi che scriviamo non siamo giornalisti di professione e non cerchiamo di fare il pezzo di colore, ma se ci siamo immischiati in mezzo agli scioperanti e qualche nostro compagno è stato manganellato, gli è perché siamo anarchici e ciò vuol dire uomini che sono sempre stati all’avanguardia delle lotte operaie e contadine per il riscatto economico morale e sociale di queste masse lavoratrici, uomini che combattono lo stato come istituzione perché in esso vedono un ostacolo alla emancipazione e allo sviluppo della persona umana, uomini che lottano per la realizzazione di una società che abbia come fondamento il socialismo libertario.
Potremmo affermare, senza tema di essere smentiti, che i fatti di Genova, Reggio Emilia, Licata, Palermo e Catania, hanno convalidato il nostro metodo, quello dell’azione diretta. Lo abbiamo constatato a Palermo quando gli scioperanti, all’invito dei sindacalisti e degli uomini di partito di rinunziare alla lotta e di attendere il risultato della tregua chiesta da Merzagora, risposero con l’aperta e vibrata protesta contro gli stessi dirigenti sindacali e di partito che hanno sempre fatto la funzione dei «pompieri» pur di salvare capre e cavoli, il proprio «posto» e la servitù del governo. Ma la polizia non ha risparmiato i colpi e ce ne sono stati anche per i «capi» di cui qualcuno ha provato anche le manette. La polizia non ha esitato di usare la violenza. Violenza contro ragazzi, studenti, operai inermi.
Dalle testimonianze di alcuni fra i feriti di arma da fuoco si rileva che molti non erano dimostranti, ma pacifici cittadini che in quell’ora attraversavano le vie per sbrigare le loro faccende private; alcuni sono stati addirittura colpiti in zone lontanissime dall’epicentro della lotta. Dalle testimonianze di alcuni fra i fermati si rileva che la polizia ha infierito contro di loro con calci, pugni e sputi durante il periodo del fermo. Tutte cose che non ci fanno onore e che farebbero arrossire i poliziotti inglesi, belgi, o che so io, che comunque non sono i poliziotti italiani educati alla scuola della violenza fascista.
Certo questi moti in Sicilia ci dicono qualcosa e ci fanno sperare per l’avvenire.
Il fatto che nella maggioranza vi abbiano preso parte dei giovani e dei giovanissimi sta a dimostrare che una parte della nostra gioventù è sana e non è teppaglia, come si compiacciono di definirla certi superficiali o coloro che amerebbero costituire con questi giovani le «squadracce» di infausta memoria. Questi sono giovani che soffrono perché gli manca il pane, il lavoro, l’istruzione, l’amore e lo svago, perché incerto è il loro avvenire, perché troppo misero è lo spettacolo che gli offre la classe dirigente piena di scandali, di corruzione, di intrugli e di intrallazzi di ogni genere.
Ed allora perché essere sorpresi di qualche vetro rotto, di qualche albero divelto, di qualche panchina spiantata o dei semafori rotti e non preoccuparsi dei morti uccisi dalla polizia, per i sistemi borbonici usati nel trattamento dei fermati, per la mancata presenza del sindaco di Palermo ai funerali delle vittime? Tutte cose che sono i sintomi di una grave malattia di cui soffre la società italiana: l’odio, l’odio, l’odio che viene seminato dai detentori del potere economico e politico. E’ un odio per il popolo, questo eterno fanciullo, che innalza e distrugge, questo popolo che a Palermo preso dalla furia della distruzione ritrova il rispetto per gli archi di lampade allestiti in occasione del «festino» alla santa Rosalia, patrona della città!
Queste esplosioni di rivolta ci temprano lo spirito per continuare le nostre battaglie e ci riconfermano nelle nostre convinzioni, specie quando si può rilevare che la rivolta non è soltanto espressione di una sofferenza materiale ma è anche e soprattutto rivolta ideale.
Se a Palermo, Licata e Catania il movente della esplosione popolare è stato piuttosto di carattere economico, a Genova la rivolta è stata fondamentalmente ideale, perché rivolta contro l’assurdo fascista oppressore delle libertà. Ma se andiamo a fondo notiamo che a Palermo come altrove i rivoltosi non furono soltanto affamati e disoccupati, ma studenti, piccoli commercianti e anche professionisti ed operai qualificati.
Allora in questo caso la rivolta è santa, perché è rivolta contro l’oppressione spirituale, nella più larga accezione del termine, e non può essere monopolio di alcun partito, perché è rivolta per la libertà. Non è senza significato che affermiamo ciò, in quanto è falso quanto dicono i comunisti, quanto quello che dicono gli anticomunisti di certa razza. I primi pretendono avere il monopolio di ogni movimento che sorga spontaneamente dal popolo, i secondi attribuiscono la paternità di ogni azione che viene dal basso e che abbia sapore di rivendicazione ai comunisti, per sottovalutarne la portata. Noi diciamo che in entrambi i casi si tratta di bassa speculazione politica.
I comunisti da quando sono diventati parlamentaristi hanno sempre cercato di frenare l’impulso all’azione diretta del popolo e gli anticomunisti sono tali non per un giusto e sano sentimento libertario, ma per vile concorrenza politica. In queste drammatiche giornate, pare che il popolo rivoltoso abbia capito ciò e si è mosso al di fuori dei partiti e senza aspettare ordini dall’alto, per difendere il diritto alla vita. Non si illuda nessuno.
Piero Riggio

(http://carmelolucchesi.wordpress.com/luglio-60/immagini-luglio-60/palermo-8-luglio-1960/)

ALLA LIBERTÀ CON LA LIBERTÀ

Il fascismo e il nazismo sono tornati.
In tutta Italia non si contano più gli attentati fascisti a sedi politiche e sindacali, i pestaggi e le aggressioni ai danni di immigrati, gay, barboni, esponenti di altre aree politiche. Oggi come ieri, il fascismo unisce il randello e il doppiopetto, complicità istituzionali e demagogia nazionalista e xenofoba: in parlamento i picchiatori di ieri si sono riciclati nelle nuove vesti della destra istituzionale e democratica mentre le canaglie di sempre continuano a fare i lavori sporchi che i loro sponsor politici non possono (ancora) fare.
Coloro che di giorno inneggiano a Mussolini e di notte aggrediscono persone indifese godono di piena agibilità tanto da potersi presentare alle elezioni e tenere i loro lugubri comizi e le loro ignobili marce militaresche.
Le velleità golpiste di Berlusconi e dei suoi scagnozzi sono speculari alla miseria di una sinistra che già litiga per accaparrarsi più poltrone possibili nella spartizione delle cariche istituzionali. Non c’è di che stupirsi se si pensa che i primi a sdoganare fascisti e repubblichini, equiparandoli ai partigiani e svilendo il valore della Resistenza, sono stati proprio gli esponenti del centrosinistra degni eredi di quel Palmiro Togliatti, già mandante di molti omicidi di antifascisti nella Spagna rivoluzionaria del ’36-’39, che con l’amnistia generale dell’immediato dopoguerra permise a centinaia di gerarchi e massacratori fascisti di riacquistare la libertà e reintegrarsi nel nuovo stato repubblicano rioccupando i posti di potere come se nulla fosse accaduto. Se oggi i fascisti possono governare e si permettono di dare agli altri lezioni di libertà e democrazia è solo perché sessant’anni fa i quadri dirigenti dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale – in nome di una presunta pace sociale – vollero castrare ogni potenzialità rivoluzionaria che la lotta di Liberazione aveva avuto, tradendo così migliaia di sinceri antifascisti che avrebbero voluto debellare radicalmente il fascismo.
Parlare di Resistenza diventa oggi fondamentale in un quadro di repressione generalizzata.
Ogni opposizione sociale è ormai pesantemente criminalizzata, qualsiasi pensiero non omologato è di per sé oggetto delle pelose attenzioni degli apparati di repressione.
In un momento in cui la democrazia rappresentativa ha già mostrato tutti i suoi limiti e le sue ipocrisie, in molti non trovano niente di meglio che aggrapparsi alla difesa della carta costituzionale come baluardo contro l’ascesa del neofascismo e dell’autoritarismo berlusconiano.
Ed è così che si svuota l’idea stessa di Liberazione, mortificandola e imbalsamandola negli angusti rituali delle commemorazioni bipartisan e degli appelli all’unità nazionale.
L’antifascismo non vive nelle leggi di una Repubblica nata dal compromesso e dall’inganno.
Il modo migliore per rendere omaggio alla lotta di Liberazione e alle donne e agli uomini che combatterono contro la tirannide nazifascista è far rivivere quelle aspirazioni nelle lotte per l’uguaglianza, l’emancipazione, la giustizia sociale, nel pensiero e nell’azione di ogni giorno della nostra vita.
Essere antifascisti oggi significa rinunciare a ogni compatibilità, affrontare la natura intimamente autoritaria di ogni istituzione: oggi lo Stato democratico precarizza il lavoro; sbatte in galera gli antifascisti e garantisce politicamente i fascisti; rinchiude nei campi di internamento gli immigrati; favorisce le scuole e gli ospedali privati e penalizza i servizi pubblici; dichiara le guerre e occupa militarmente gli altri paesi.
Proprio come quando c’era il fascismo.
Il nostro antifascismo è lotta per la libertà contro ogni autoritarismo, contro ogni potere, contro ogni discriminazione. Ad altri lasciamo ben volentieri il tempo di commemorare i simulacri della democrazia.
Noi preferiamo riempire il ricordo della Resistenza con la nostra rivoluzione quotidiana.

ANTIFASCISTI ANARCHICI

PER LA LIBERTÀ, CONTRO OGNI REPRESSIONE

All’alba del 12 giugno 2005 una squadraccia fascista armata di tutto punto (mazze, coltelli, spranghe) attacca il Barocchio, una casa occupata di Torino.
Due compagni vengono feriti molto gravemente e solo per un caso non muoiono.
Sabato 18 giugno circa un migliaio di persone scendono in piazza per dare vita a una manifestazione antifascista che denunci pubblicamente l’aggressione e per comunicare alla cittadinanza che anche a Torino – così come in tutta Italia – i fascisti imperversano con la loro vigliaccheria e la loro violenza.
La manifestazione comincia con buone premesse: durante il concentramento commercianti e ambulanti, per nulla intimoriti, offrono acqua e frutta fresca agli antifascisti, in un clima di solidarietà diffusa. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è di tutt’altro tenore: il corteo viene blindato e continuamente provocato.
Quando il corteo – determinato ma pacifico – si dirige in piazza Castello, l’ordine della questura è preciso: la polizia carica brutalmente i manifestanti e scatena l’inferno. Manganellate, lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, violenza gratuita. Viene travolto chiunque, passanti compresi. Diversi testimoni riferiscono di aver visto distintamente agenti di polizia spaccare alcune vetrine di locali.
I manifestanti cercano di resistere con delle barricate improvvisate per far fronte alla lucida follia del braccio armato dello Stato. Alla fine della giornata, Massimiliano e Silvio – anarchici – vengono arrestati. Nei giorni seguenti una volgare campagna mediatica fornisce il solito quadro distorto della realtà: gli anarchici hanno messo a ferro e fuoco Torino.
Dopo una durissima requisitoria del tristemente noto PM Tatangelo, il GIP ha deciso che Massimiliano e Silvio attenderanno in carcere il processo. Sono accusati di resistenza, lesioni (evidentemente prendere manganellate in questo paese è una colpa) e manifestazione non autorizzata. La decisione del GIP è estremamente grave, perché con simili accuse in genere si viene scarcerati con una denuncia a piede libero, specie se incensurati.
Si tratta  di un attacco politico: l’obiettivo di questo attacco è il movimento anarchico.
In Piemonte gli anarchici sono impegnati nelle lotte al fianco delle popolazioni della Val Susa minacciata dalla devastazione ambientale e dalle linee dell’Alta Velocità, i treni supersonici i cui cantieri distruggono valli, montagne e falde acquifere.
A Torino gli anarchici lottano al fianco degli immigrati che protestano per le violenze, i rastrellamenti e le esecuzioni operate dalle forze dell’ordine nei quartieri popolari e nel famigerato Centro di Permanenza Temporanea di Corso Brunelleschi, e sempre a Torino gli anarchici puntano il dito contro la devastazione e la speculazione edilizia legate all’organizzazione delle olimpiadi invernali, l’ennesimo grande evento destinato a ridisegnare la città a immagine e somiglianza delle sue élites politiche ed economiche. Nessuno deve opporsi allo sfruttamento, all’ingiustizia sociale, alla brutalità del dominio: questo è il messaggio lanciato chiaramente da polizia, giornalisti, magistratura e fascisti. L’attacco al corteo antifascista di Torino è gravissimo perché colpisce al cuore l’opposizione sociale, l’antifascismo e la stessa libertà di espressione.
Gli anarchici, che non si tirano mai indietro, pagano ancora sulla propria pelle la coerenza e l’impegno per la costruzione di un mondo altro.
Nessuno s’illuda: non ci fermeranno mai.

MASSIMILIANO E SILVIO LIBERI!

Federazione Anarchica Siciliana – Nucleo “Giustizia e Libertà”
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione di Palermo
Federazione Anarchica Italiana – Palermo

LA PESTE

L’aggressione fascista che si è consumata venerdi sera a Palermo nell’affollatissima via Candelai ai danni di due giovani di origini africane non è un fatto da minimizzare in alcun modo.
Se venti fascisti armati di tutto punto decidono di irrompere in una strada piena di gente per compiere una spedizione punitiva, vuol dire che questi squadristi non temono nulla e possono contare su un’agibilità consolidata.
Forse qualcuno si sarà stupito che una cosa del genere sia accaduta a Palermo, città dai mille colori che una certa retorica ipocrita e buonista dipinge come il solito crogiuolo in cui tolleranza e secolare predisposizione all’accoglienza sono garanzia di convivenza pacifica e solidale.
Niente di più falso.
Palermo, oltre a essersi trasformata in una città violenta e feroce, è una città in cui il pregiudizio per il diverso si accompagna all’insofferenza per chi, provenendo dalle aree più povere del Sud del mondo, cerca e trova qui – nel Sud dell’Italia – un’esistenza migliore.
La Palermo laica, antirazzista e internazionalista ha costruito negli ultimi anni percorsi di emancipazione sociale e politica che – seppur importanti – non sono riusciti a immunizzare il tessuto sociale di questa città dal virus dell’intolleranza e della xenofobia.
In queste crepe, i manovali e gli scopini dei poteri forti trovano la possibilità di esprimere la loro miseria con la violenza e l’arroganza che li contraddistingue.
E ci pare significativo che mentre per strada agiscono i picchiatori e per il 25 aprile compaiono le svastiche al Giardino Inglese e al quartiere Matteotti, il questore di Palermo si concentri nella sua crociata per la legalità che ha nella persecuzione dei lavavetri immigrati e nei rastrellamenti al campo Rom i suoi obiettivi strategici.
"Ve ne dovete andare!" sbraitano i fascisti mentre picchiano gli immigrati.
"Ve ne dovete andare!" sbraitano le istituzioni con le loro leggi, le loro frontiere, le loro disposizioni, le loro dichiarazioni, le loro sanzioni contro gli immigrati.
A questa peste bruna rispondiamo con la fermezza di sempre, rinnovando quell’impegno antirazzista e antifascista che deve tornare a farsi azione costante tra la gente, con gli immigrati e non solo.
E’ il modo migliore per esprimere il nostro disprezzo più profondo per lo squadrismo nazifascista e per tutti i cani da guardia del Potere.

Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana

Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione di Palermo


Federazione Anarchica Italiana – Palermo

07/06/2005