VIVA GAETANO BRESCI

 
COLPO AL CUORE
morte non accidentale di un monarca

un film di TELEIMMAGINI?

GIOVEDI 29 LUGLIO ORE 21
CIRCOLO LIBERTARIO, VIA LUNGARINI 23

(DALLE 19, APERITIVO ROSSO E NERO)

 
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DI STATO SI MUORE – Palermo, 8 luglio 1960-2010

Nel cinquantesimo anniversario dei tragici fatti dell’8 luglio 1960, il Coordinamento Anarchico Palermitano promuove e organizza per giovedi 8 luglio un presidio informativo a piazza Verdi a partire dalle ore 17.
Gli anarchici parteciperanno poi al corteo celebrativo indetto dal Circolo “Francesco Vella” del Partito della Rifondazione Comunista, con le bandiere listate a lutto.
Di seguito, articolo a firma di Piero Riggio de L’Agitazione del Sud, giornale anarchico stampato a Palermo, numero di agosto-settembre 1960.

Nucleo “Giustizia e Libertà” della Federazione Anarchica Siciliana

Leggi il volantino su: http://coordanarchicopa.blogspot.com/2010/07/di-stato-si-muore.html

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ABBRUNIAMO LE NOSTRE BANDIERE per le vittime uccise dal piombo della polizia
Sono passati alcuni giorni da che a Palermo si è concluso un ciclo delle proteste popolari, finito piuttosto tragicamente per la sconsideratezza e la brutalità della polizia, e ancora l’eco non è spenta. Noi dell’Agitazione del Sud abbiamo cercato di avere vicini, quanto più possibile, gli elementi per giudicare con obiettività e d’altra parte se un partito noi abbiamo è quello e soltanto quello di un popolo che lotta, che soffre, e che insorge contro le ingiustizie.
Dopo questi giorni, quindi, possiamo scrivere con più serenità perché in fondo noi che scriviamo non siamo giornalisti di professione e non cerchiamo di fare il pezzo di colore, ma se ci siamo immischiati in mezzo agli scioperanti e qualche nostro compagno è stato manganellato, gli è perché siamo anarchici e ciò vuol dire uomini che sono sempre stati all’avanguardia delle lotte operaie e contadine per il riscatto economico morale e sociale di queste masse lavoratrici, uomini che combattono lo stato come istituzione perché in esso vedono un ostacolo alla emancipazione e allo sviluppo della persona umana, uomini che lottano per la realizzazione di una società che abbia come fondamento il socialismo libertario.
Potremmo affermare, senza tema di essere smentiti, che i fatti di Genova, Reggio Emilia, Licata, Palermo e Catania, hanno convalidato il nostro metodo, quello dell’azione diretta. Lo abbiamo constatato a Palermo quando gli scioperanti, all’invito dei sindacalisti e degli uomini di partito di rinunziare alla lotta e di attendere il risultato della tregua chiesta da Merzagora, risposero con l’aperta e vibrata protesta contro gli stessi dirigenti sindacali e di partito che hanno sempre fatto la funzione dei «pompieri» pur di salvare capre e cavoli, il proprio «posto» e la servitù del governo. Ma la polizia non ha risparmiato i colpi e ce ne sono stati anche per i «capi» di cui qualcuno ha provato anche le manette. La polizia non ha esitato di usare la violenza. Violenza contro ragazzi, studenti, operai inermi.
Dalle testimonianze di alcuni fra i feriti di arma da fuoco si rileva che molti non erano dimostranti, ma pacifici cittadini che in quell’ora attraversavano le vie per sbrigare le loro faccende private; alcuni sono stati addirittura colpiti in zone lontanissime dall’epicentro della lotta. Dalle testimonianze di alcuni fra i fermati si rileva che la polizia ha infierito contro di loro con calci, pugni e sputi durante il periodo del fermo. Tutte cose che non ci fanno onore e che farebbero arrossire i poliziotti inglesi, belgi, o che so io, che comunque non sono i poliziotti italiani educati alla scuola della violenza fascista.
Certo questi moti in Sicilia ci dicono qualcosa e ci fanno sperare per l’avvenire.
Il fatto che nella maggioranza vi abbiano preso parte dei giovani e dei giovanissimi sta a dimostrare che una parte della nostra gioventù è sana e non è teppaglia, come si compiacciono di definirla certi superficiali o coloro che amerebbero costituire con questi giovani le «squadracce» di infausta memoria. Questi sono giovani che soffrono perché gli manca il pane, il lavoro, l’istruzione, l’amore e lo svago, perché incerto è il loro avvenire, perché troppo misero è lo spettacolo che gli offre la classe dirigente piena di scandali, di corruzione, di intrugli e di intrallazzi di ogni genere.
Ed allora perché essere sorpresi di qualche vetro rotto, di qualche albero divelto, di qualche panchina spiantata o dei semafori rotti e non preoccuparsi dei morti uccisi dalla polizia, per i sistemi borbonici usati nel trattamento dei fermati, per la mancata presenza del sindaco di Palermo ai funerali delle vittime? Tutte cose che sono i sintomi di una grave malattia di cui soffre la società italiana: l’odio, l’odio, l’odio che viene seminato dai detentori del potere economico e politico. E’ un odio per il popolo, questo eterno fanciullo, che innalza e distrugge, questo popolo che a Palermo preso dalla furia della distruzione ritrova il rispetto per gli archi di lampade allestiti in occasione del «festino» alla santa Rosalia, patrona della città!
Queste esplosioni di rivolta ci temprano lo spirito per continuare le nostre battaglie e ci riconfermano nelle nostre convinzioni, specie quando si può rilevare che la rivolta non è soltanto espressione di una sofferenza materiale ma è anche e soprattutto rivolta ideale.
Se a Palermo, Licata e Catania il movente della esplosione popolare è stato piuttosto di carattere economico, a Genova la rivolta è stata fondamentalmente ideale, perché rivolta contro l’assurdo fascista oppressore delle libertà. Ma se andiamo a fondo notiamo che a Palermo come altrove i rivoltosi non furono soltanto affamati e disoccupati, ma studenti, piccoli commercianti e anche professionisti ed operai qualificati.
Allora in questo caso la rivolta è santa, perché è rivolta contro l’oppressione spirituale, nella più larga accezione del termine, e non può essere monopolio di alcun partito, perché è rivolta per la libertà. Non è senza significato che affermiamo ciò, in quanto è falso quanto dicono i comunisti, quanto quello che dicono gli anticomunisti di certa razza. I primi pretendono avere il monopolio di ogni movimento che sorga spontaneamente dal popolo, i secondi attribuiscono la paternità di ogni azione che viene dal basso e che abbia sapore di rivendicazione ai comunisti, per sottovalutarne la portata. Noi diciamo che in entrambi i casi si tratta di bassa speculazione politica.
I comunisti da quando sono diventati parlamentaristi hanno sempre cercato di frenare l’impulso all’azione diretta del popolo e gli anticomunisti sono tali non per un giusto e sano sentimento libertario, ma per vile concorrenza politica. In queste drammatiche giornate, pare che il popolo rivoltoso abbia capito ciò e si è mosso al di fuori dei partiti e senza aspettare ordini dall’alto, per difendere il diritto alla vita. Non si illuda nessuno.
Piero Riggio

(http://carmelolucchesi.wordpress.com/luglio-60/immagini-luglio-60/palermo-8-luglio-1960/)