Il fascismo e il nazismo sono tornati.
In tutta Italia non si contano più gli attentati fascisti a sedi politiche e sindacali, i pestaggi e le aggressioni ai danni di immigrati, gay, barboni, esponenti di altre aree politiche. Oggi come ieri, il fascismo unisce il randello e il doppiopetto, complicità istituzionali e demagogia nazionalista e xenofoba: in parlamento i picchiatori di ieri si sono riciclati nelle nuove vesti della destra istituzionale e democratica mentre le canaglie di sempre continuano a fare i lavori sporchi che i loro sponsor politici non possono (ancora) fare.
Coloro che di giorno inneggiano a Mussolini e di notte aggrediscono persone indifese godono di piena agibilità tanto da potersi presentare alle elezioni e tenere i loro lugubri comizi e le loro ignobili marce militaresche.
Le velleità golpiste di Berlusconi e dei suoi scagnozzi sono speculari alla miseria di una sinistra che già litiga per accaparrarsi più poltrone possibili nella spartizione delle cariche istituzionali. Non c’è di che stupirsi se si pensa che i primi a sdoganare fascisti e repubblichini, equiparandoli ai partigiani e svilendo il valore della Resistenza, sono stati proprio gli esponenti del centrosinistra degni eredi di quel Palmiro Togliatti, già mandante di molti omicidi di antifascisti nella Spagna rivoluzionaria del ’36-’39, che con l’amnistia generale dell’immediato dopoguerra permise a centinaia di gerarchi e massacratori fascisti di riacquistare la libertà e reintegrarsi nel nuovo stato repubblicano rioccupando i posti di potere come se nulla fosse accaduto. Se oggi i fascisti possono governare e si permettono di dare agli altri lezioni di libertà e democrazia è solo perché sessant’anni fa i quadri dirigenti dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale – in nome di una presunta pace sociale – vollero castrare ogni potenzialità rivoluzionaria che la lotta di Liberazione aveva avuto, tradendo così migliaia di sinceri antifascisti che avrebbero voluto debellare radicalmente il fascismo.
Parlare di Resistenza diventa oggi fondamentale in un quadro di repressione generalizzata.
Ogni opposizione sociale è ormai pesantemente criminalizzata, qualsiasi pensiero non omologato è di per sé oggetto delle pelose attenzioni degli apparati di repressione.
In un momento in cui la democrazia rappresentativa ha già mostrato tutti i suoi limiti e le sue ipocrisie, in molti non trovano niente di meglio che aggrapparsi alla difesa della carta costituzionale come baluardo contro l’ascesa del neofascismo e dell’autoritarismo berlusconiano.
Ed è così che si svuota l’idea stessa di Liberazione, mortificandola e imbalsamandola negli angusti rituali delle commemorazioni bipartisan e degli appelli all’unità nazionale.
L’antifascismo non vive nelle leggi di una Repubblica nata dal compromesso e dall’inganno.
Il modo migliore per rendere omaggio alla lotta di Liberazione e alle donne e agli uomini che combatterono contro la tirannide nazifascista è far rivivere quelle aspirazioni nelle lotte per l’uguaglianza, l’emancipazione, la giustizia sociale, nel pensiero e nell’azione di ogni giorno della nostra vita.
Essere antifascisti oggi significa rinunciare a ogni compatibilità, affrontare la natura intimamente autoritaria di ogni istituzione: oggi lo Stato democratico precarizza il lavoro; sbatte in galera gli antifascisti e garantisce politicamente i fascisti; rinchiude nei campi di internamento gli immigrati; favorisce le scuole e gli ospedali privati e penalizza i servizi pubblici; dichiara le guerre e occupa militarmente gli altri paesi.
Proprio come quando c’era il fascismo.
Il nostro antifascismo è lotta per la libertà contro ogni autoritarismo, contro ogni potere, contro ogni discriminazione. Ad altri lasciamo ben volentieri il tempo di commemorare i simulacri della democrazia.
Noi preferiamo riempire il ricordo della Resistenza con la nostra rivoluzione quotidiana.

ANTIFASCISTI ANARCHICI