Quanto sta accadendo nelle ultime settimane in Italia costituisce un segnale molto chiaro dell’involuzione autoritaria del paese.
I toni inequivocabili della strategia della tensione si rinnovano ancora una volta seguendo un copione consolidato.
L’ignobile sostituzione della storica lapide commemorativa dedicata a Giuseppe Pinelli operata con un vigliacco colpo di mano dal sindaco di Milano Albertini (Forza Italia) dimostra che è sempre più concreto il tentativo di riscrivere la storia di questo paese.
I fascisti che oggi sono al governo, questi assassini che da sempre assolvono la naturale funzione di manovali della borghesia, di picchiatori ed esecutori di stragi si permettono oggi – a quasi quarant’anni di distanza – di mistificare sulla verità della morte del compagno Pinelli, pensando di poter occultare i simboli condivisi della lotta antifascista e dell’opposizione popolare alla strage di Stato.
Le dichiarazioni rilasciate su questa vicenda dal giudice D’Ambrosio (Democratici di Sinistra) agli organi di stampa sono raccapriccianti. Il candidato al Senato dell’Ulivo ammette oggi che Pinelli fu effettivamente «vittima di una macchina repressiva messa in moto su indicazione del governo per indicare negli anarchici i colpevoli» della strage di Piazza Fontana. Questo infame personaggio che liquidò, da magistrato inquirente, l’uccisione di Pinelli con l’improbabile motivazione del "malore attivo" (passata alla storia come uno degli esempi più grotteschi dell’ipocrisia statuale) cerca di rifarsi una verginità che non avrà mai.
Se a questo aggiungiamo la gravità della repressione che ha colpito gli antifascisti milanesi maturata in un clima di pesantissima criminalizzazione del dissenso che a destra come a sinistra attraversa tutto l’arco parlamentare, ci si rende conto di come gli apparati dello Stato vogliano spazzare via a colpi di provocazione ogni opposizione sociale e la ricchezza della memoria storica.
Il clima della campagna elettorale è intriso di un veleno che ha il sapore di una voglia di ordine dittatoriale: il linguaggio del dibattito politico trasuda l’ossessione compulsiva mirata alla conquista permanente del potere. Sono tutti elementi già visti e che non vanno sottovalutati.
La sostituzione della lapide dedicata a Pinelli è un tentativo di riaccendere la miccia per scatenare la tensione nella città di Milano dopo i fatti dei giorni scorsi. Si tratta dell’ennesima provocazione con la quale i poteri forti vogliono giustificare una restaurazione autoritaria del paese per la cui guida il Centrodestra e il Centrosinistra si contendono il consenso dei ceti moderati: non c’è spazio, dunque, per tutto ciò che si pone in termini alternativi e antagonisti a questo grande progetto politico-elettorale.
È bene che Stato, magistrati, guardie e fascisti si convincano, una volta e per tutte, che il ricordo di Giuseppe Pinelli vive e vivrà sempre nelle lotte delle anarchiche e degli anarchici per la costruzione di una società di libere/i ed uguali.
Le lapidi posso anche essere rimosse, ma le nostre idee vivono e vivranno per sempre.
I toni inequivocabili della strategia della tensione si rinnovano ancora una volta seguendo un copione consolidato.
L’ignobile sostituzione della storica lapide commemorativa dedicata a Giuseppe Pinelli operata con un vigliacco colpo di mano dal sindaco di Milano Albertini (Forza Italia) dimostra che è sempre più concreto il tentativo di riscrivere la storia di questo paese.
I fascisti che oggi sono al governo, questi assassini che da sempre assolvono la naturale funzione di manovali della borghesia, di picchiatori ed esecutori di stragi si permettono oggi – a quasi quarant’anni di distanza – di mistificare sulla verità della morte del compagno Pinelli, pensando di poter occultare i simboli condivisi della lotta antifascista e dell’opposizione popolare alla strage di Stato.
Le dichiarazioni rilasciate su questa vicenda dal giudice D’Ambrosio (Democratici di Sinistra) agli organi di stampa sono raccapriccianti. Il candidato al Senato dell’Ulivo ammette oggi che Pinelli fu effettivamente «vittima di una macchina repressiva messa in moto su indicazione del governo per indicare negli anarchici i colpevoli» della strage di Piazza Fontana. Questo infame personaggio che liquidò, da magistrato inquirente, l’uccisione di Pinelli con l’improbabile motivazione del "malore attivo" (passata alla storia come uno degli esempi più grotteschi dell’ipocrisia statuale) cerca di rifarsi una verginità che non avrà mai.
Se a questo aggiungiamo la gravità della repressione che ha colpito gli antifascisti milanesi maturata in un clima di pesantissima criminalizzazione del dissenso che a destra come a sinistra attraversa tutto l’arco parlamentare, ci si rende conto di come gli apparati dello Stato vogliano spazzare via a colpi di provocazione ogni opposizione sociale e la ricchezza della memoria storica.
Il clima della campagna elettorale è intriso di un veleno che ha il sapore di una voglia di ordine dittatoriale: il linguaggio del dibattito politico trasuda l’ossessione compulsiva mirata alla conquista permanente del potere. Sono tutti elementi già visti e che non vanno sottovalutati.
La sostituzione della lapide dedicata a Pinelli è un tentativo di riaccendere la miccia per scatenare la tensione nella città di Milano dopo i fatti dei giorni scorsi. Si tratta dell’ennesima provocazione con la quale i poteri forti vogliono giustificare una restaurazione autoritaria del paese per la cui guida il Centrodestra e il Centrosinistra si contendono il consenso dei ceti moderati: non c’è spazio, dunque, per tutto ciò che si pone in termini alternativi e antagonisti a questo grande progetto politico-elettorale.
È bene che Stato, magistrati, guardie e fascisti si convincano, una volta e per tutte, che il ricordo di Giuseppe Pinelli vive e vivrà sempre nelle lotte delle anarchiche e degli anarchici per la costruzione di una società di libere/i ed uguali.
Le lapidi posso anche essere rimosse, ma le nostre idee vivono e vivranno per sempre.
Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione di Palermo