All’alba del 12 giugno 2005 una squadraccia fascista armata di tutto punto (mazze, coltelli, spranghe) attacca il Barocchio, una casa occupata di Torino.
Due compagni vengono feriti molto gravemente e solo per un caso non muoiono.
Sabato 18 giugno circa un migliaio di persone scendono in piazza per dare vita a una manifestazione antifascista che denunci pubblicamente l’aggressione e per comunicare alla cittadinanza che anche a Torino – così come in tutta Italia – i fascisti imperversano con la loro vigliaccheria e la loro violenza.
La manifestazione comincia con buone premesse: durante il concentramento commercianti e ambulanti, per nulla intimoriti, offrono acqua e frutta fresca agli antifascisti, in un clima di solidarietà diffusa. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è di tutt’altro tenore: il corteo viene blindato e continuamente provocato.
Quando il corteo – determinato ma pacifico – si dirige in piazza Castello, l’ordine della questura è preciso: la polizia carica brutalmente i manifestanti e scatena l’inferno. Manganellate, lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, violenza gratuita. Viene travolto chiunque, passanti compresi. Diversi testimoni riferiscono di aver visto distintamente agenti di polizia spaccare alcune vetrine di locali.
I manifestanti cercano di resistere con delle barricate improvvisate per far fronte alla lucida follia del braccio armato dello Stato. Alla fine della giornata, Massimiliano e Silvio – anarchici – vengono arrestati. Nei giorni seguenti una volgare campagna mediatica fornisce il solito quadro distorto della realtà: gli anarchici hanno messo a ferro e fuoco Torino.
Dopo una durissima requisitoria del tristemente noto PM Tatangelo, il GIP ha deciso che Massimiliano e Silvio attenderanno in carcere il processo. Sono accusati di resistenza, lesioni (evidentemente prendere manganellate in questo paese è una colpa) e manifestazione non autorizzata. La decisione del GIP è estremamente grave, perché con simili accuse in genere si viene scarcerati con una denuncia a piede libero, specie se incensurati.
Si tratta di un attacco politico: l’obiettivo di questo attacco è il movimento anarchico.
In Piemonte gli anarchici sono impegnati nelle lotte al fianco delle popolazioni della Val Susa minacciata dalla devastazione ambientale e dalle linee dell’Alta Velocità, i treni supersonici i cui cantieri distruggono valli, montagne e falde acquifere.
A Torino gli anarchici lottano al fianco degli immigrati che protestano per le violenze, i rastrellamenti e le esecuzioni operate dalle forze dell’ordine nei quartieri popolari e nel famigerato Centro di Permanenza Temporanea di Corso Brunelleschi, e sempre a Torino gli anarchici puntano il dito contro la devastazione e la speculazione edilizia legate all’organizzazione delle olimpiadi invernali, l’ennesimo grande evento destinato a ridisegnare la città a immagine e somiglianza delle sue élites politiche ed economiche. Nessuno deve opporsi allo sfruttamento, all’ingiustizia sociale, alla brutalità del dominio: questo è il messaggio lanciato chiaramente da polizia, giornalisti, magistratura e fascisti. L’attacco al corteo antifascista di Torino è gravissimo perché colpisce al cuore l’opposizione sociale, l’antifascismo e la stessa libertà di espressione.
Gli anarchici, che non si tirano mai indietro, pagano ancora sulla propria pelle la coerenza e l’impegno per la costruzione di un mondo altro.
Nessuno s’illuda: non ci fermeranno mai.
Due compagni vengono feriti molto gravemente e solo per un caso non muoiono.
Sabato 18 giugno circa un migliaio di persone scendono in piazza per dare vita a una manifestazione antifascista che denunci pubblicamente l’aggressione e per comunicare alla cittadinanza che anche a Torino – così come in tutta Italia – i fascisti imperversano con la loro vigliaccheria e la loro violenza.
La manifestazione comincia con buone premesse: durante il concentramento commercianti e ambulanti, per nulla intimoriti, offrono acqua e frutta fresca agli antifascisti, in un clima di solidarietà diffusa. L’atteggiamento delle forze dell’ordine è di tutt’altro tenore: il corteo viene blindato e continuamente provocato.
Quando il corteo – determinato ma pacifico – si dirige in piazza Castello, l’ordine della questura è preciso: la polizia carica brutalmente i manifestanti e scatena l’inferno. Manganellate, lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo, violenza gratuita. Viene travolto chiunque, passanti compresi. Diversi testimoni riferiscono di aver visto distintamente agenti di polizia spaccare alcune vetrine di locali.
I manifestanti cercano di resistere con delle barricate improvvisate per far fronte alla lucida follia del braccio armato dello Stato. Alla fine della giornata, Massimiliano e Silvio – anarchici – vengono arrestati. Nei giorni seguenti una volgare campagna mediatica fornisce il solito quadro distorto della realtà: gli anarchici hanno messo a ferro e fuoco Torino.
Dopo una durissima requisitoria del tristemente noto PM Tatangelo, il GIP ha deciso che Massimiliano e Silvio attenderanno in carcere il processo. Sono accusati di resistenza, lesioni (evidentemente prendere manganellate in questo paese è una colpa) e manifestazione non autorizzata. La decisione del GIP è estremamente grave, perché con simili accuse in genere si viene scarcerati con una denuncia a piede libero, specie se incensurati.
Si tratta di un attacco politico: l’obiettivo di questo attacco è il movimento anarchico.
In Piemonte gli anarchici sono impegnati nelle lotte al fianco delle popolazioni della Val Susa minacciata dalla devastazione ambientale e dalle linee dell’Alta Velocità, i treni supersonici i cui cantieri distruggono valli, montagne e falde acquifere.
A Torino gli anarchici lottano al fianco degli immigrati che protestano per le violenze, i rastrellamenti e le esecuzioni operate dalle forze dell’ordine nei quartieri popolari e nel famigerato Centro di Permanenza Temporanea di Corso Brunelleschi, e sempre a Torino gli anarchici puntano il dito contro la devastazione e la speculazione edilizia legate all’organizzazione delle olimpiadi invernali, l’ennesimo grande evento destinato a ridisegnare la città a immagine e somiglianza delle sue élites politiche ed economiche. Nessuno deve opporsi allo sfruttamento, all’ingiustizia sociale, alla brutalità del dominio: questo è il messaggio lanciato chiaramente da polizia, giornalisti, magistratura e fascisti. L’attacco al corteo antifascista di Torino è gravissimo perché colpisce al cuore l’opposizione sociale, l’antifascismo e la stessa libertà di espressione.
Gli anarchici, che non si tirano mai indietro, pagano ancora sulla propria pelle la coerenza e l’impegno per la costruzione di un mondo altro.
Nessuno s’illuda: non ci fermeranno mai.
MASSIMILIANO E SILVIO LIBERI!
Federazione Anarchica Siciliana – Nucleo “Giustizia e Libertà”
Federazione dei Comunisti Anarchici – Sezione di Palermo
Federazione Anarchica Italiana – Palermo